Carlo I d'Angiò (21 marzo 1226 – Foggia, 7 gennaio 1285) conte d'Angiò e del Maine, conte di Provenza, re di Sicilia, re di Napoli, principe di Taranto, re d'Albania, principe d'Acaia e re titolare di Gerusalemme. Figlio del re di Francia, Luigi VIII (detto il Leone) e di Bianca di Castiglia, era fratello del re di Francia, Luigi IX (detto il Santo). Conquistò il Regno di Napoli nel 1266 sconfiggendo a Benevento l'ultimo re svevo, Manfredi di Sicilia.
Biografia
Conte di Provenza
Il re di Francia, Luigi IX, aveva ottenuto il pieno appoggio di papa Innocenzo IV al matrimonio tra suo fratello Carlo e Beatrice di Provenza; alla morte del conte di Provenza, Raimondo Berengario IV, nel 1245, pur essendo l'ultimogenita, la dodicenne Beatrice ereditò il titolo di contessa di Provenza e Forcalquier, in quanto le sue tre sorelle erano già tutte ben maritate: Margherita, moglie di Luigi IX re di Francia, Eleonora, moglie di Enrico III re d'Inghilterra, e Sancha, moglie del Riccardo, conte di Cornovaglia: due regine e una futura regina.
Ma alla mano della ricca ereditiera Beatrice aspiravano i principi delle terre confinanti, Raimondo VII di Tolosa (che aveva appena divorziato da Margherita di Lusignano) e Giacomo I d'Aragona, che pur essendo sposato con Iolanda d'Ungheria, entrò in Provenza e mise sotto assedio Beatrice. Allora Carlo, il fidanzato prescelto, con un esercito francese invase la Provenza e liberò Beatrice; ma non volle spartire i feudi con le tre sorelle di Beatrice, per cui i rapporti di Carlo con le tre future cognate defraudate furono sempre molto tesi.
Il 31 gennaio 1246 Carlo sposò Beatrice. Per effetto di questo matrimonio Carlo divenne lui stesso conte di Provenza e Forcalquier; inoltre il re di Francia Luigi IX lo creò in questa occasione conte d'Angiò e del Maine, generando di fatto un nuovo ramo della dinastia angioina. Divenuto conte di Provenza, Carlo riuscì in pochi anni a rendere il governo della contea completamente dispotico.
La settima crociata
Nel 1248 partecipò, insieme al re suo fratello, alla settima crociata. Comunque, dopo una sosta di sei mesi a Cipro, raggiunse l'Egitto, nel 1249, e, dopo la conquista di Damietta in giugno, la sconfitta di al-Mansura, del 19 dicembre, e una breve prigionia con gli altri membri della famiglia reale, nella primavera del 1251, decise di rientrare in Provenza, dove erano scoppiate alcune rivolte ad Arles ed Avignone. Per cui, nella seconda metà del 1251, dall'Egitto, fece ritorno in Provenza accompagnato dal fratello, Alfonso, che durante la crociata aveva ereditato assieme alla moglie, Giovanna di Tolosa, la contea di Tolosa.
Fiandre, Regno di Arles e Piemonte
All'inizio del 1254, Carlo si alleò con l'arcivescovo di Colonia, Corrado di Hochstaden, sostenitore dell'imperatore Corrado IV (che morì in quello stesso anno), e con la contessa delle Fiandre, Margherita II delle Fiandre, che non voleva cedere la contea di Hainaut al figlio, di primo letto, Giovanni d'Avesnes[1] e quindi si opponevano al re di Germania[2], Guglielmo II d'Olanda, che parteggiava per Giovanni d'Avesnes. Carlo fu nominato da Margherita tutore delle Fiandre e dell'Hainaut. Per paura che il conflitto degenerasse, il re di Francia, Luigi IX, intervenne e fece da arbitro. Giovanni d'Avesnes, rinunciando ad alcuni feudi, ottenne l'Hainaut, ma fu vassallo di Carlo.
Nel 1257, Carlo acquistò dalla casa di Baux[3] i diritti al trono del Regno di Arles[4], che era stato incorporato nell'impero dall'imperatore d'Occidente, Corrado il Salico, nel 1135 circa[5]
Tra il 1258 ed il 1264 Carlo dalla Provenza estese i suoi domini anche sul Piemonte meridionale, occupando alcune contee nella zona di Asti.
Trattativa col papa
Nel 1261, era stato eletto al soglio pontificio Giacomo di Troyes, papa Urbano IV, che, constatato che il re di Sicilia, Manfredi, ambiva a riunire sotto il suo dominio tutta l'Italia, dapprima intavolò della trattative, che non portarono ad alcuna conclusione, e così il 29 marzo 1263, con l'approvazione di Luigi IX, Manfredi fu scomunicato e dichiarato decaduto dal trono[6] e la corona di Sicilia, che prima, durante la prima scomunica di Manfredi, era stata offerta a Edmondo, figlio del re d'Inghilterra, Enrico III fu offerta a Carlo, che fu preferito in quanto lo zio di Edmondo, il conte di Cornovaglia, Riccardo ora era re di Germania e pretendente alla corona imperiale.
Carlo accolse l'invito del papa e poi trattò col suo successore, Papa Clemente IV[7], per intervenire nella lotta contro i ghibellini e la casa di Svevia: il papa indisse una crociata contro Manfredi, mentre Carlo rinunciava ad avere domini in Toscana e Lombardia.
Allora Carlo, con un piccolo contingente, il 14 maggio 1265, via mare raggiunse Roma e il 28 giugno fu investito re di Sicilia e proclamato comandante in capo della crociata. In questa occasione, per ricompensare il libero comune di Ancona dell'aiuto fornito, permise che lo stemma della città fosse arricchito con i suoi simboli: i gigli e il rastrello. Nel novembre dello stesso anno, un esercito, di circa 30.000 provenzali e francesi, attraversate le Alpi, si concentrarono ad Alba, e, senza essere disturbati dai ghibellini capeggiati dal marchese Pelavicino (che, in Lombardia, si trovava in difficoltà, contro i guelfi Della Torre), passando da Vercelli, Milano, Mantova e Bologna raggiunsero la via Flaminia ed, il 30 gennaio 1266, entrarono in Roma.
Il Pontefice diede l'incarico d'incoronare Carlo a ben cinque cardinali, tra i quali il cardinal vescovo di Albano e il cardinale diacono Gottifredo di Raynaldo detto anche Goffredo di Alatri. La cerimonia si tenne il giorno dell'Epifania del 1266, nella basilica lateranense, dove, alla presenza dei baroni francesi e provenzali, magistrati e numerosi prelati, l'Angioino prestò il giuramento di vassallaggio alla Chiesa e dell'osservanza assoluta dei patti e infine riceveva la corona del regno di Sicilia insieme con la moglie Beatrice.
Carlo attaccò il 10 febbraio 1266, e i baroni della Terra di lavoro, schierandosi con Carlo, abbandonarono Manfredi, che si ritirò a Benevento, dove, il 26 febbraio 1266, avvenne lo scontro, che portò alla sconfitta e morte di Manfredi nella battaglia di Benevento[8]. Con questa vittoria Carlo, non solo conquistò il regno di Sicilia, ma fece sì che tutta l'Italia passasse sotto il dominio dei guelfi, ad eccezione di Verona e Pavia, che rimasero filo-imperiali.
Re di Sicilia
Carlo, che aveva visto i nobili del regno tradire Manfredi non si fidò di loro e impose un governo dispotico come aveva già fatto in Provenza, vent'anni prima. Non convocò più il parlamento, i funzionari governativi, eccetto gli esattori delle imposte, erano stranieri, il commercio che, con gli Svevi, era gestito dagli abitanti del regno, in poco tempo, passò nelle mani dei mercanti e banchieri toscani e le imposte divennero sempre molto gravose, mentre il clero ne fu esentato. Questa situazione portò, in breve tempo, la nobiltà del regno a cercare un liberatore, che fu trovato nella persona di Corradino di Svevia, nipote di Manfredi e ultimo discendente della dinastia sveva degli Hohenstaufen, attorno al quale si erano già raccolti i parenti e gli ex funzionari del regno come la famiglia Lancia. Corradino preparò un piano di invasione della Toscana e un contemporaneo sbarco in Sicilia, guidato da Corrado Capece. Ma il papa nominò Carlo paciere della Toscana, usurpando il potere del vicario imperiale, che gli permise di avere la regione sotto controllo, eccetto Siena e Pisa, che rimasero filo-imperiali.
Mentre il Capece, tra agosto e settembre sollevava la Sicilia, Corradino entrò in Italia e il 21 ottobre giunse a Verona e, nel gennaio del 1268, lasciò Pavia, sbarcando a Pisa, dove fu raggiunto dal suo esercito, il 2 maggio. Carlo nel frattempo era impegnato a Lucera, dove la guarnigione musulmana si era ribellata, il 2 febbraio, e resisteva energicamente agli assalti di Carlo.
Corradino allora, raggiunta Roma (24 luglio), si diresse verso Lucera, dove Carlo lasciato l'assedio, gli andò incontro e i due eserciti si scontrarono, il 23 agosto, a Albe, dove, pur molto inferiore di numero, l'esercito di Carlo ebbe la meglio in quella che fu detta Battaglia di Tagliacozzo. Corradino riuscì a fuggire, ma fu catturato, nella campagna romana e tradotto a Napoli, dove fu condannato a morte e giustiziato[9], il 29 ottobre 1268. La maggior parte dei ribelli si sottomise spontaneamente, mentre Lucera si arrese il 27 agosto 1269 e la rivolta siciliana fu spenta nel 1270 e Capece fu messo a morte.
Nel frattempo, nel 1268, Carlo, rimasto vedovo di Beatrice di Provenza, nel 1267, aveva sposato in seconde nozze, Margherita di Borgogna (1248 - 1308), contessa di Tonnerre.
Carlo riprese a governare in modo dispotico e drastico, sostituendo i baroni ribelli con nobili francesi, mediante la confisca di tutti i beni e spostando la capitale del regno, da Palermo, nella Terra di Lavoro, scegliendo come nuova capitale Napoli.
Supremazia in Italia
Carlo, che il 17 aprile 1268 era stato dal papa nominato vicario imperiale per la Toscana, avrebbe voluto estendere il proprio dominio sull'intera Italia, ma non poteva per il patto che aveva stipulato con Clemente IV, che il 29 novembre dello stesso anno morì. Allora Carlo, per avere mano libera in Italia, fece in modo che nel conclave di Viterbo non si raggiungesse la maggioranza dei due terzi necessaria per eleggere il nuovo pontefice.
Carlo, combattendo, confermò la sua supremazia in Toscana e nel 1270 anche Siena passò ai guelfi; la sola Pisa rimase ghibellina, ma fu costretta alla pace da Carlo. Nello stesso anno sottomise Torino e Alessandria e divenne signore di Brescia. Avrebbe voluto la signoria di tutte le città di fede guelfa ma ottenne solo un giuramento di fedeltà che lo metteva comunque a capo della fazione guelfa, al tempo predominante in Italia[12]. Per l'occupazione della Toscana Carlo sbarcò in forze in Versilia, assalendo la Rocca di Motrone e proseguendo per Lucca, Serravalle, Pistoia e Firenze.
La crociata a Tunisi
Pur non essendo entusiasta, Carlo accettò di aiutare il fratello, Luigi IX di Francia, nella crociata contro Tunisi, per convertire al cristianesimo il suo l'emiro, al-Mustansir (a cui Carlo non aveva rinnovato il trattato stipulato da Manfredi e scaduto nel 1269), unendosi alla crociata sul suolo tunisino. Quando però, il 25 agosto 1270, Carlo giunse a Cartagine, Luigi IX, quello stesso giorno, ed anche l'altro fratello, Alfonso, quattro giorni prima, erano morti di dissenteria. Carlo assunse il comando della crociata e perseguì il proprio interesse e, il 1º novembre, stipulò un nuovo trattato con l'emiro, dove il tributo fu raddoppiato e si fece pagare l'indennita di guerra e fece espellere da Tunisi i nobili ribelli che lì si erano rifugiati. Tra lo scontento dei crociati, Carlo poté rientrare in Sicilia (Trapani, 22 novembre[14]) e dedicarsi alle ambizioni che nutriva nei Balcani.
Impero latino, Principato d'Acaia e conquista dell'Albania
Già nel 1267, il 27 maggio, a Viterbo, di fronte a papa Clemente IV, Carlo aveva concluso un trattato con l'imperatore latino, Baldovino II, dal 1261, in esilio che prevedeva il matrimonio di Filippo, figlio di Baldovino con Beatrice, figlia di Carlo e l'impegno reciproco di riconquistare Costantinopoli. All'accordo aderì anche Guglielmo II di Villehardouin, principe d'Acaia, che pose i suoi domini sotto la sovranità di Carlo e promise in matrimoni la propria erede, Isabella col figlio di Carlo, Filippo, per cui alla morte di Guglielmo il principato sarebbe passato agli angioini[15].
Nel 1271 attraversò l'Adriatico e, in febbraio, occupò Durazzo. Nel febbraio del 1272, dopo aver occupato una vasta zona dell'interno, si autoproclamò re d'Albania e mentre stava organizzando una spedizione contro Costantinopoli, l'arrivo a Roma e l'incoronazione del nuovo papa Gregorio X[16] bloccò i piani di Carlo, perché l'imperatore di Bisanzio, Michele VIII, promise al papa la riunificazione di tutti i cristiani, riconoscendo la superiorità del papa[17] e dopo la riunificazione l'imperatore prese l'iniziativa in Albania ed in Acaia contro Carlo, che continuò a fare alleanze con Serbi e Bulgari, con l'obiettivo di conquistare Costantinopoli. In particolare, dopo che Giorgio Terter I era stato eletto zar dei Bulgari (1280-1292), Carlo strinse con lui un'alleanza, per combattere ed abbattere l'impero di Bisanzio. Anche l'elezione a papa di Simone di Brion, papa Martino IV, il 22 febbraio 1281, con la scomunica dei Bizantini, il 10 aprile dello stesso anno, sembrò agevolare le ambizioni di Carlo. Ma la sopravvenuta sollevazione dei Siciliani (Vespri siciliani del 1282) fece naufragare tutte la ambizioni che Carlo aveva coltivato sui Balcani.
Nel frattempo, nel 1277, Carlo comprò, da Maria di Antiochia, il titolo di re di Gerusalemme.
Guerra di Genova e perdita di influenza sull'Italia settentrionale
Dopo il 1270, a Genova i ghibellini avevano conquistato il potere e non appoggiavano più la politica d Carlo, che organizzò gli esuli guelfi e, nel 1273, attaccò la città, ma venne sconfitto sia per terra che per mare. I ghibellini genovesi si erano alleati con Alfonso X di Castiglia[18] e, alleandosi con Tommaso I di Saluzzo, riuscirono a sconfiggere Carlo e espellerlo dal Piemonte e poi combatterlo anche in Lombardia. Carlo, dopo aver subito delle sconfitte, anche perché non ricevette molto sostegno dai Della Torre[19], perse definitivamente il controllo dell'Italia settentrionale, ed anche in Toscana, la sua posizione si indebolì notevolmente.
I Vespri siciliani
La politica dispendiosa di Carlo e le forti imposizioni fiscali scatenarono il malcontento in tutto il Regno, particolarmente in Sicilia. I siciliani non avevano affatto approvato la decisione di Carlo d'Angiò di trasferire la capitale del Regno da Palermo a Napoli e soffrivano ancor più il regime poliziesco che lo stesso re aveva instaurato, in maniera indiscriminata, con mano ferrea, verso tutti i suoi sudditi, applicando una politica autoritaria e estremamente vessatoria (molto simile a quella dei Normanni). Una violenta reazione si scatenò tra i palermitani, che avevano visto la loro città perdere il ruolo di capitale e i loro territori espropriati e suddivisi tra vari nuovi baroni francesi.
Una sollevazione popolare ebbe inizio, spontaneamente, il 30 marzo 1282, a Palermo. In poco tempo gli Angioini furono scacciati da tutta l'isola, tranne nell'imponente castello di Sperlinga, dove alcuni soldati di Carlo d'Angiò, capeggiati da Petro de Lamanno[20], resistettero all'assedio per tredici mesi, con aiuto dei popolani. Un'iscrizione latina sul vestibolo del Castello di Sperlinga ricorda questo famoso evento: QUOD SICULIS PLACUIT, SOLA SPERLINGA NEGAVIT. Il 25 luglio, Carlo, con le forze destinate alla guerra greca sbarcò in Sicilia e pose l'assedio a Messina, che resistette per due mesi. Il 26 settembre, Carlo lasciò la Sicilia.
I Siciliani, che avevano chiesto invano al papa la possibilità di autogovernarsi, come confederazione di liberi comuni, in forma repubblicana, si erano rivolti al re di Aragona e Valencia, Pietro III d'Aragona, marito di Costanza di Hohenstaufen, la figlia di Manfredi.[21] Pietro era sbarcato a Trapani, con circa 9000 armigeri, il 30 agosto.
Guerra contro gli aragonesi e morte di Carlo
Pietro III, nel 1281, aveva indetto una crociata contro il Nordafrica e, senza aver ottenuto né l'approvazione né i soldi chiesti a papa Martino IV, nel giugno del 1282, era sbarcato in Barberia[22], non lontano da Tunisi, per poter essere vicino alla Sicilia. Pietro, dopo lo sbarco, occupò in poco tempo tutto il resto dell'isola ed il 26 settembre sbarcò in Calabria, dove gli almugaveri (fanteria da guerriglia che divenne famosa per coraggio e crudeltà), anche siciliani fecero solo azioni di guerriglia senza reali conquiste territoriali. Alla fine dell'anno si era determinato uno spaccamento del Regno di Sicilia in due parti, la Sicilia (l'isola) in mano agli aragonesi ed il resto del regno, sul continente, in mano a Carlo e agli Angioini.
Pietro si proclamò re di Sicilia (con l'antico titolo federiciano Pietro I Rex Siciliae, ducatus Apuliae et principatus Capuae), e nominò, Ruggero di Lauria capo della flotta e Giovanni Da Procida Gran Cancelliere del regno aragonese di Sicilia. A seguito di tutto ciò, nel novembre dello stesso anno, Pietro fu scomunicato dal papa Martino IV, che non lo riconobbe re di Sicilia, anzi lo dichiarò decaduto anche dal regno di Aragona che offrì a Carlo terzogenito del re di Francia, Filippo l'Ardito e futuro conte di Valois. Pietro, allora lasciata la moglie Costanza in Sicilia come reggente, nel maggio del 1283, rientrò in Aragona, anche per preparare una tenzone, che prevedeva 100 cavalieri per parte (che non si fece mai), con Carlo d'Angiò.
Carlo, nel luglio del 1283, tentò un'invasione della Sicilia concentrando una flotta a Malta, ma l'ammiraglio Ruggero di Lauria sventò il tentativo sorprendendola e distruggendone una parte.
I maggiorenti francesi in due assemblee a Bourges (novembre 1283) e a Parigi (febbraio 1284) aveva invocato la crociata contro il regno d'Aragona, a cui avevano aderito con entusiasmo sia Carlo d'Angiò che Filippo III di Francia, e, nel corso del 1284, papa Martino IV oltre l'assistenza spirituale (scomunica e crociata contro la Sicilia[23]) diede una consistente somma di denaro a Carlo che preparò una flotta in Provenza che avrebbe dovuto unirsi a parte della flotta che l'attendeva nel porto di Napoli e poi incontrarsi ad Ustica con il resto della flotta composto da trenta galere con l'armata italo-angioina, proveniente da Brindisi. Ma il 5 giugno la flotta siciliano-aragonese, sotto il comando del Lauria si presentò dinanzi al porto di Napoli e il principe di Salerno, il figlio di Carlo, Carlo lo Zoppo, disobbedendo all'ordine del padre di non muoversi, prima del suo arrivo dalla Provenza, uscì dal porto con la sua flotta napoletana, per combattere il Lauria che lo sconfisse e fece prigioniero lui e parecchi nobili napoletani. Quando Carlo arrivò a Gaeta e seppe della sconfitta maledisse il figlio, ma dovette rinunciare all'invasione della Sicilia, assediò invano Reggio e poi, con le truppe assottigliate dalle diserzioni si diresse in Puglia per riorganizzarsi e imporre l'esazione di nuove imposte. Ma Carlo, stremato per una febbre persistente, il 7 gennaio 1285, morì a Foggia. Le sue spoglie sono conservate ancora oggi nella cripta della cattedrale del capoluogo dauno.
Gli successe il figlio Carlo lo Zoppo, che al momento della successione era prigioniero in Aragona.
Matrimoni e discendenza
Dal suo primo matrimonio con Beatrice di Provenza nacquero sette figli:
Luigi (1248 † 1248);
Bianca di Napoli (1250-14 luglio 1269) , andata sposa nel 1265 al conte di Fiandra Roberto di Dampierre (1249 † 1322);
Beatrice (1252-novembre/dicembre 1275), andata sposa nel 1273 a Filippo di Courtenay, Imperatore titolare di Constantinopoli;
Carlo (1254 – 1309), conte d'Angiò e del Maine, conte di Provenza e Forcalquier e re di Napoli;
Filippo (1256-1277), principe d'Acaia, sposato nel 1271 con Isabella di Villehardouin, principessa d'Acaia e di Morea e re di Tessalonica;
Roberto (1258-1265);
Isabella (1261-ca. 1300), andata sposa al re d'Ungheria, Ladislao IV.
Dal secondo matrimonio, con Margherita di Borgogna nacque solo una figlia:
Margherita (gennaio/febbraio 1272-1276/1277).
Curiosità
Carlo d'Angiò e il fratello Luigi IX di Francia, sposando le sorelle Beatrice e Margherita, divennero anche cognati, e viceversa per Beatrice e Margherita. La stessa cosa avvenne per le altre due sorelle di Beatrice e Margherita, Eleonora e Sancha, che sposarono rispettivamente i fratelli Enrico III d'Inghilterra e Riccardo di Cornovaglia. Carlo d'Angiò venne incoronato re, dal Vescovo di Cefalù, l'8 di settembre del 1282.
http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_I_d%27Angi%C3%B2