Regno dei Mamelucchi

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Regno dei Mamelucchi

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Al-Ashraf Khalil

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Al-Ashraf Khalil, nome completo Al-Malik al-Ashraf Salah al-Din Khalil ibn Qalawùn (arabo: الملك الأشرف صلاح الدين خليل بن قلاوون‎; Il Cairo, 1262 – Kom Turuga, 14 dicembre 1293), è stato l'ottavo sultano mamelucco d'Egitto, appartenente alla dinastia Bahri, di etnia turca Kipčaki.
Salì al trono nel 1290, alla morte del padre Qalawun, e regnò fino al suo assassinio, avvenuto nel dicembre 1293.
È famoso soprattutto per la vittoria nell'assedio di San Giovanni d'Acri del 1291, che si concluse con la conquista della città, segnando la fine del regno crociato di Gerusalemme.

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Ibn Taymiyya

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Ibn Taymiyya Taqī al-Dīn Abū al-ʿAbbās Aḥmad (arabo: تقي الدين أبو العباس أحمد بن عبد السلام بن عبد الله ابن تيمية الحراني‎) (Harran, 22 gennaio 1263 – Damasco, 26 settembre 1328) è stato un giurista e teologo siriano ḥanbalita.

Tratti generali
Appartenente a una nota famiglia di teologi, Taqī al-Dīn Abu l-‘Abbās Ahmad ibn 'Abd al-Halīm ibn 'Abd al-Salām Ibn Taymiyya al-Harrānī, più noto come Ibn Taymiyya, apparteneva al madhhab fondato da Ibn Hanbal e credeva quindi nel ritorno all'Islam delle origini e alla sue fonti originarie (Corano e Sunna).
È considerato un convinto sostenitore del jihad e della necessità di applicare le norme della shari’a, tanto da diventare una figura di riferimento del cosiddetto Fondamentalismo islamico.

Educazione e attività scientifica e politica
Il padre divenne direttore della madrasa Sukkariyya, pronunciando anche sermoni dal pulpito della Grande Moschea di Damasco. Ibn Taymiyya fu educato dai grandi studiosi del suo tempo (tra i suoi insegnanti vi fu anche Shams al-Dīn ʿAbd al-Rahmān al-Makdisī). Suo primo insegnante di fiqh fu il padre, cui egli succedette in qualità di direttore della Sukkariyya, diventando l’anno dopo insegnante di esegesi coranica nella Moschea degli Omayyadi.
Compì il pellegrinaggio a Mecca nel novembre del 1292, tornando a Damasco nel febbraio del 1293. Portò con sé da questo viaggio il primo materiale per la redazione del suo trattato chiamato Manāsiq al-hajj, in cui denunciava un certo numero di innovazioni biasimevoli affermatesi nel rituale del hajj.
Durante il regno del mamelucco al-Malik al-Mansur Lajin, fu incaricato dallo stesso sultano di esortare i fedeli musulmani al jihad, in occasione della spedizione militare mamelucca contro il regno della Piccola Armenia. Nello stesso periodo Ibn Taymiyya scrisse una delle sue più famose professioni di fede, la al-ʿAqīda al-Hamawiyya al-kubrà (La grande dichiarazione di fede, [fatta a] Hama).
Fu costretto a lasciare la sua città natale nel 1269 prima dell'arrivo dei Mongoli e trovò rifugio a Damasco insieme a suo padre 'Abd al-Halim e ai suoi tre fratelli. Durante l'invasione mongola di Ilkhan Ghazan, con l’appoggio dell’Emiro mamelucco Qibjaq, a Damasco (1300), si fece interprete della richiesta di scarcerazione dei suoi concittadini, imprigionati su disposizione del figlio di Hulegu. Da notare che Ibn Taymiyya non richiese solo la scarcerazione dei musulmani ma anche dei cristiani, a dimostrazione di un impegno etico che travalicava gli angusti confini di un’astratta religione.
Dopo qualche anno si riaffacciò contro di lui l'accusa di antropomorfismo (scaturente dalla sua convinzione che il Corano dovesse essere interpretato letteralmente. A nulla valse una sua nuova “professione di fede” (la Wāsiṭiyya, per il fatto di essere stata divulgata per la prima volta a Wasit). Le accuse di antropomorfismo non vennero fatte cadere e si giunse alla sua condanna e alla sua incarcerazione nella cittadella del Cairo, dove rimase per circa un anno e mezzo .
Ottenuta finalmente la libertà, ma con il divieto di tornare in Siria, Ibn Taymiyya continuò a denunciare tutte le innovazioni (bid'a) che egli considerava come eretiche.
Negli anni che seguirono conobbe ancora il carcere, gli arresti domiciliari e forme di persecuzione per le sue idee religiose, senza che tutto ciò lo inducesse a rinunciare al suo impegno intellettuale e religioso.
Riuscì a tornare al Cairo solo nel marzo del 1310 e lì rimase per circa 4 anni. Occasionalmente fu consultato su affari politici siriani, mentre continuava ad insegnare privatamente e a dare risposte e pareri ai vari quesiti che gli venivano posti. Fu in questo periodo che si occupò del suo trattato sul diritto pubblico, il Kitāb al-Siyāsa al-sharʿiyya.
Una nuova minaccia mongola causò il suo ritorno il 28 febbraio 1313 a Damasco (dopo un breve soggiorno a Gerusalemme) e fu qui che Ibn Taymiyya trascorse i suoi ultimi 15 anni di vita.
Nel 1318, una lettera dal sultano impedì a Ibn Taymiyya di pubblicare alcune sue fatwà sul ripudio. Nell'agosto del 1320 fu imprigionato nella cittadella di Damasco, dove rimase per oltre cinque mesi.
Cinque anni dopo fu ancora arrestato, questa volta senza alcun processo, e privato del diritto di scrivere fatwà. Fu criticato anche per la sua risala riguardante le pie visite alle tombe, in cui egli condannava il culto dei morti e dei santi. Questa volta rimase nella cittadella per più di due anni. Di questo periodo ci sono pervenuti il Kitāb maʿārif al-wusūl, sulla metodologia del fiqh, il Rafʿ al-malām e il Kitāb al-Radd ʿalā l-ikhmāʿi.
Il 21 aprile 1328 il sultano ordinò che gli venissero sottratti fogli, calami e inchiostro.
Cinque mesi più tardi Ibn Taymiyya moriva nella cittadella, nella notte tra il 26-27 settembre 1328 all'età di 65 anni.
La sua sepoltura avvenne alla presenza di un gran numero di abitanti di Damasco, nel cimitero di Sūfiya, dove la sua tomba è ancora oggi oggetto di venerazione.

Pensiero
Tipico esponente del pensiero hanbalita, sottolineò la necessità di perseguire il jihad, considerato dal suo madhhab il sesto degli arkan al-Islam.
Fosse anche solo per questo motivo, Ibn Taymiyya è considerato dai fondamentalisti islamici il loro vate e il loro modello.
Il suo richiamo al jihad contro i Mongoli non era solo auspicabile, ma obbligatorio. Partiva dalla convinzione che i Mongoli potevano non essere veri musulmani, anche se si erano formalmente convertiti da poco al Sunnismo, perché governavano usando leggi fatte dall'uomo piuttosto che la legge islamica (shari'a), vivendo di fatto in uno stato di jahiliyya, cioè di pagana ignoranza preislamica. "Ogni gruppo di musulmani che trasgredisce alla legge islamica... deve essere combattuto, anche quando esso continui a professare il credo".
Altra cosa di spiccato interesse è la sua considerazione che i Mamelucchi, per aver combattuto i Mongoli, avevano ogni caratteristica per poter essere validi Califfi, specialmente dopo che il Califfato abbaside era stato distrutto nel 1258 dai Mongoli di Hulegu.
Ciò malgrado essi non fossero Arabi, come invece richiedeva (ma non obbligatoriamente) la dottrina sunnita maggioritaria, espressa da Mawardi nei suoi Ahkām al-sultāniyya.
La sua attività di dotto lo poneva in un atteggiamento di forte critica nei confronti di ciò che dai lui era chiamata "modernità". Era convinto infatti che soltanto le prime tre generazioni dell'Islam (Salaf, ossia “pio”) - Muhammad, i suoi Compagni e i Seguaci dei Compagni - fossero modelli privilegiati da seguire e autentici interpreti di una vita perfettamente islamica. Il loro esempio, insieme al Corano, era un insegnamento di vita infallibile. Qualsiasi deviazione o modifica era vista come una bid'a, una perniciosa innovazione, un allontanamento dalla verità delle origini, e per questo proibita.

Opere
Dei suoi 500 scritti ne sono stati conservati una sessantina, tra questi:
Majmūʿ al-Fatāwā al-Kubrā (Raccolta delle grandi fatwa)
Minhaj al-Sunna al-Nabawiyya (La via della Sunna profetica)
al-Asmāʾ wa l-Sifāt I Nomi [divini] e le [Sue] forme)
al-Imān (La fede)
al-Jawāb al-sahīh li-man baddala dīn al-Masīh (La giusta risposta per chi lascia la religione del Messia)
Fatāwā al-Kubrā (Le grandi fatwa)
Fatāwā al-Misriyya (Le fatwa egiziane)
al-Radd ʿalā l-Mantiqiyyīn (Replica contro i logici)
al-Siyāsa al-sharʿiyya fī iṣlāḥ al-rāʿī wa al-raʿiyya ovvero "La legislazione regia per il benessere del sovrano e dei sudditi"

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Ibn Abi Usaybi'a

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Ibn Abī Uṣaybiʿa, arabo: ابن أبي أصيبعة موفق الدين أبو العباس أحمد بن القاسم بن خليفة الشعري الخزرجي, Ibn Abī Uṣaybiʿa Muwaffaq al-Dīn Abū l-ʿAbbās Aḥmad b. al-Qāsim b. Khalīfa al-Shiʿrī al-Khazrajī (Damasco, 1194 – 1270), è stato un medico e storico arabo, discendente della tribù medinese dei Banu Khazraj.
Figlio di un oculista, studiò medicina a Damasco, nel Bimaristān Nūrī (così chiamato èperché fatto costruire dal Sultano zengide Norandino, il cui vero nome era Nur al-Din b. Zanki) e al Cairo. Nel 1236 fu nominato medico del nuovo ospedale ( Bimaristān al-Nāṣirī ) fatto costruire al Cairo dal Sultano mamelucco Qalawun, ma lasciò l'anno dopo quel posto, dal momento che accettò la proposta dall'Emiro-vizir ʿIzz al-Dīn Aybak al-Muʿaẓẓamī di Damasco di assumere l'omologa carica nell'ospedale di Sarkhad o Salkhad (la Salka biblica), nel Sud della Siria. Qui visse e morì.

Vite dei medici
Scrisse gli ʿUyūn al-anbāʾ fī ṭabaqāt al-aṭibbāʾ (arabo: عيون الأنباء في طبقات الأطباء‎), ossia Vite dei medici, ricca di 380 biografie di celebri medici dell'antichità e dei suoi tempi (malgrado varie imprecisioni), la cui prima edizione fu da lui dedicata, nel 1245-1246, al vizir di Damasco. La stessa fu ampliata, sebbene si ignori se la nuova edizione uscisse per il pubblico interessato nel corso della vita del suo autore.
Un'edizione dell'opera fu curata da August Müller (Königsberg, 1884). Il lavoro è rilevante anche come fonte per ricostruire la biografia di Aristotele (si veda Düring, Aristotle in the Ancient Biographical Tradition, pp. 213 e segg.). Il suo materiale relativo alla biografia di Pitagora è incluso come appendice al lavoro di Angelo R. Sodano, Vita di Pitagora (Milano, 1998).

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Baybars

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Baybars al-Bunduqdārī (1223 – Damasco, 2 maggio 1277) è stato un sultano egiziano, d'origine kipçak.
Quarto Sultano mamelucco, governò l'Egitto e la Siria fra il 1260 e il 1277.
Schiavo turco d'origine qipčaq del sultano ayyubide al-Malik al-Sālih e, prima di lui, di Aydakin Bunduqdār (da cui prese la nisba), Baybars ebbe pelle scura, occhi azzurri e grande forza fisica, oltre a doti di intelligenza non comune e di rara rapidità di giudizio.

Biografia
La prima notizia che lo riguarda fu l'azione di scorta al suo signore al-Malik al-Sālih quando questi fu incarcerato a Karak nel 1239. Successivamente si segnalò per le sue doti di guerriero, nei ranghi del reggimento mamelucco d'élite definito Bahriyya (da "Bahr al-Nīl", fiume Nilo, su un'isoletta del quale erano state predisposte le prime caserme degli schiavi-guerrieri), in occasione della Settima Crociata condotta tra il 1249 e il 1250 dal re santo Luigi IX di Francia.

Schiavo e combattente (1250-1260)
Nel precipitare degli avvenimenti i Crociati, bloccati a Damietta, tentarono una sortita massiccia per sopraffare gli egiziani ayyubidi di al-Sālih Ayyūb, attestati nella vicina cittadina di al-Mansūra. Nello scontro che ne seguì a Fāraksūr si mise per l'appunto in luce Baybars che ebbe parte non piccola nella decisiva vittoria musulmana, dopo aver vanificato la pressione crociata mirante a conquistare al-Mansūra prima che giungessero le decisive forze dell'Emiro Fakhr al-Dīn b. al-Shaykh (che avevano preso prigioniero lo stesso sovrano cristiano, liberato poi dietro versamento dell'enorme somma di 400.000 tornesi d'oro, ossia 800 000 bisanti, prestati dai cavalieri templari).
Baybars prese parte attiva alla successiva eliminazione fisica di al-Muʿazzam Tūrān Shāh (2-5-1250), figlio di al-Sālih Ayyūb, e fu proprio la mancanza di eredi dell'ultimo sultano ayyubide a facilitare l'ascesa al potere dei Mamelucchi che avevano fino ad allora fedelmente servito la dinastia fondata da Saladino.
La fama di Baybars si accrebbe ancor più in occasione dell'epocale scontro che i Mamelucchi impegnarono contro le orde mongole di Hulegu che avevano messo fine al califfato abbaside con la conquista nel 1258 di Baghdad e l'uccisione del califfo al-Mustaʿsim.
In realtà il condottiero mongolo non era presente allo scontro, in quanto tornato in patria per partecipare al Kuriltay[1] dal quale sarebbe uscito tra i fratelli Arig Bek o Kublai Khan (poi eletto), il successore del comune fratello Mongke, Gran Khān dei Mongoli, come lui nipote di Gengis Khan.
Lo scontro avvenne tra i 12.000 mongoli, guidati dal turco nestoriano Kitbughā Nogan, e i 120.000 Mamelucchi condotti dal sultano Qutuz e da Baybars. Il luogo della battaglia fu ʿAyn Jālūt (lett. "La fonte di Golia") e il 3 settembre 1260 la vittoria non poté che arridere alle splendide cavallerie mamelucche.
L'eco di un combattimento che sulla carta almeno non avrebbe potuto concludersi in maniera diversa, fu enorme in tutto il mondo. Quello islamico innanzi tutto - in cui l'arrivo dei mongoli, fino ad allora imbattuti, sembrava preludere alla fine del mondo e all'affermazione del Dajjāl, l'Anticristo dei musulmani, prima della finale epifania salvifica del Mahdī - ma anche nel mondo cristiano che, se vedeva con soddisfazione la catastrofe che s'abbatteva sull'Islam, non poteva illudersi che quegli stessi mongoli non sarebbero poi presto piombati su di esso.

Ascesa al potere e campagne militari (1260-1275)
Qutuz non godé a lungo i frutti del clamoroso successo perché sulla strada del ritorno fu ucciso nella sua tenda, probabilmente proprio ad opera di Baybars cui non si frapponeva così più alcun ostacolo per il Sultanato.
Con Baybars prese a strutturarsi quel particolare tipo di Stato militare che fu il Sultanato mamelucco e, fedele alla sua indole bellicosa, il nuovo Sultano non perse tempo a restaurare, a partire dal 1261, le città del meridione siriano devastate dai Mongoli, dal Hawran ad Hama.
Per evitare ritorni di fiamma mongoli, Baybars si adoperò per il rafforzamento delle difese mamelucche, dando nuovo impulso alla cantieristica navale e migliorando il servizio di posta (barīd) che fungeva anche da organismo di controspionaggio.
Fu ripresa anche l'azione militare contro i Crociati e fin dal 1263 Baybars tentò di colpire San Giovanni d'Acri, senza trascurare di eliminare le ultime sacche di governo ayyubide in Siria-Palestina, tra cui Karak.
Nel 1265 Baybars, radunato un forte esercito, si slanciò contro ciò che sopravviveva degli Stati crociati. Fino al 1271 le azioni belliche si susseguirono quasi senza requie, facendogli conquistare Arqa nel 1265 stesso, e quindi i castelli di ʿAthlīth e Hayfā. Venne poi il turno di Arsūf e l'anno dopo di Safad. Nel 1268 caddero Giaffa e il castello di Beaufort, di fronte a Tiro, prima del clamoroso tracollo di Antiochia, l'antico Principato conquistato dal normanno Boemondo di Taranto.
Di slancio Baybars occupò anche i castelli di Safīthā, del Krak dei Cavalieri e di ʿAkkār nel 1271.
L'anno prima anche le forze ismailite di Siria si piegarono a pagargli il tributo e gli anni successivi sono caratterizzati da un'instancabile attività guerriera e di riorganizzazione dei domini siriani ed egiziani. Nel 1275 batté le armate riunite mongolo-selgiuchidi e s'impadronì di Cesarea in Cappadocia (attuale Kayseri). In tutto 38 campagne militari, gran parte delle quali condotte di persona.

Campione dell'Islam
La sua popolarità di "campione dell'Islam" si diffuse nella letteratura popolare e nella leggenda e a lui è dedicato un "Romanzo" che ne glorifica anche fantasiosamente le gesta, comunque di grande rilievo storico.
L'ultimo colpo di genio di Baybars fu quello di offrire ospitalità al Cairo a uno scampato alla catastrofe che aveva travolto nel 1258, ad opera dei mongoli, la dinastia musulmana degli Abbasidi, al potere fin dal 750.
La presenza di un califfo abbaside - onorato con grande pompa ma impedito nell'esercizio benché minimo di potere politico e decisionale - consentì ai Mamelucchi di proporsi come i salvatori dell'Islam e come usbergo del califfato. Per quanto definiti "fantasmi" dagli storici, il significato simbolico rivestito da tali "califfi" fu ritenuto nondimeno significativo se è vero che Selim I Yavuz, il Sultano ottomano che abbatté la potenza mamelucca nel 1517, prese al Cairo le insegne del potere abbaside ivi ospitate (tra cui il mantello, o "burda", del Profeta, la sua spada e la sua lancia), portandole a Istanbul, a dimostrazione della funzione di guida quasi-califfale della Umma assolta dalla sua dinastia.
Baybars morì a Damasco nel 1277, forse per aver ingerito una bevanda preventivamente avvelenata; le sue spoglie riposano al Cairo, in Egitto.

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Qalawun

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Sayf al-Dīn Qalāwūn al-Alfi al-Manṣūr (1222 ca. – 10 novembre 1290) è stato un sultano mamelucco d'Egitto, appartenente alla dinastia Bahri, di etnia turca Kipčaki.

Le imprese militari
Qalāwūn (ovvero Qalāʾūn o Kalavun, in arabo: سيف الدين قلاوون الألفي المنصور‎) fu un turco kipchak Burj Oghlu, e divenne mamelucco negli anni Quaranta del XIII secolo, essendo stato comprato per 1000 dīnār da un appartenente del casato del sultano al-ʿĀdil II. Non imparò mai del tutto a parlare in modo fluente la lingua araba.
La sua ascesa politica cominciò quando divenne comandante (amīr sotto il sultano Baybars, il cui figlio, Baraka Khan (o Berke Khan) aveva sposato la figlia di Qalāwūn. Baybars morì nel 1277 e a lui succedette Baraka. Nel 1279 Baraka e Qalāwūn invasero l'Armenia, ma mentre erano fuori dall'Egitto scoppiò una rivolta e Baraka fu costretto ad abdicare al suo rientro. A lui succedette il fratello Salāmish ma fu di fatto Qalāwūn a gestire il potere in qualità di atabeg.
Dal momento che Salāmish aveva un solo figlio bambino, Qalāwūn capì che l'Egitto aveva bisogno di un governante adulto e Salāmish non tardò a essere deposto nel 1279. Qalāwūn assunse allora il laqab onorifico di al-Malik al-Manṣūr (il Sovrano reso vittorioso [da Dio]). Sunqur al-Ashqar, il governatore mamelucco di Damasco, non fu d'accordo con quanto avvenuto e dichiarò se stesso sultano ma fu vinto in battaglia nel 1280. Nel 1281 l' il-khan mongolo di Persia Abāqā, figlio di Hulegu, invase la Siria ma fu sconfitto nella battaglia di Homs da Qalāwūn e Sunqur, che col primo s'era nel frattempo riconciliato.
Baraka, Salāmish (Sülemish) e il loro fratello Khadir furono esiliati a Kerak, l'antico castello crociato. Baraka vi morì nel 1280 (e si mormorò che Qalāwūn l'avesse fatto avvelenare) e Khadir prese il controllo del castello finché nel 1286 Qalāwūn ne assunse direttamente il controllo.
Come già fatto da Baybars, Qalāwūn firmò trattati con gli Stati crociati sopravvissuti e spesso anche con gli ordini militari crociati e i signori singoli che miravano a diventare o restare indipendenti. Riconobbe pertanto Tiro e Beirut come entità separate dal Regno di Gerusalemme, ora attestato a San Giovanni d'Acri. I trattati furono sempre favorevoli a Qalāwūn. Nel suo trattato con Tiro, ad esempio, egli si espresse a favore del fatto che la città non avrebbe edificato alcuna nuova fortificazione, sarebbe rimasta neutrale in ogni guerra tra Mamelucchi e altri Crociati e a Qālawūn sarebbe stato consentito di introitare metà delle tasse imposte in città. Nel 1281 Qalāwūn negoziò anche un'alleanza con l'Imperatore bizantino Michele VIII Paleologo contro Carlo d'Angiò, che minacciava sia l'Impero bizantino sia il Regno di Gerusalemme. Prima della sua morte nel 1290 egli negoziò trattati commerciali con i genovesi e il Regno di Sicilia.
Malgrado i trattati con i Crociati, nel 1285 strappò agli Ospedalieri le fortezze di Margat, precedentemente ritenuta inespugnabile, e vi stabilì una guarnigione mamelucca. Prese anche e distrusse il castello di Maraclea. Conquistò Latakia nel 1287 e Tripoli il 27 aprile 1289, mettendo così fine alla Contea crociata di Tripoli. Qui si crede fosse stato aiutato dai Veneziani e dai Pisani che si opponevano all'influenza genovese nella Contea. Il suo ultimo obiettivo fu la completa distruzione degli Stati crociati e marciò pertanto contro Acri nel 1290, malgrado avesse siglato una tregua decennale con la città nel 1284. Il pretesto fu che l'attacco era una ritorsione per una sommossa italiana in città che era scoppiata ai primi di quell'anno e nel corso della quale erano stati uccisi alcuni musulmani. Morì il 10 novembre prima della caduta della città, conquistata l'anno seguente dal figlio al-Malik al-Ashraf Khalīl.
Khalīl succedette al padre alla sua morte, sebbene Qalāwūn non nutrisse piena fiducia nei suoi confronti. Khalīl proseguì nella politica paterna sostituendo improvvidamente i mamelucchi turchi con quelli circassi: fatto che minò la solidità dello straordinario esperimento istituzionale che aveva portato a suo tempo i Mamelucchi ad ereditare il potere degli Ayyubidi. Tale politica aprì le prime fratture fra i ranghi mamelucchi e Khalīl stesso fu assassinato dai turchi nel 1293.

Le riforme di Qalāwūn
Il sultano non merita di essere ricordato solo per le sue imprese belliche, perché non può essere trascurata la sua attività di finanziatore di importanti restauri e di eccezionale committente di opere pubbliche di straordinaria rilevanza. Fra i primi si ricordano le sistemazione della Cupola della Roccia di Gerusalemme e fra le seconde la costruzione nel 1284 del più grande nosocomio pubblico che fosse fino ad allora stato costruito in Egitto: il Bīmaristān al-Kabīr (Il grande Ospedale), o Bīmaristān al-Manṣūrī (L'Ospedale di al-Manṣūr), capace di ospitare gratuitamente 800 posti letto per pazienti di ambo i sessi e di qualsiasi condizione economica e sociale, affidati alle specialistiche cure di medici stipendiati a carico delle casse dello Stato. Nell'ospedale erano presenti cucine, dispensari, luoghi di lettura e ambienti di preghiera, nonché locali per la conduzione amministrativa dell'intera struttura.
L'idea dell'Ospedale - di cui ancor oggi si ammirano le grandiose strutture, splendidamente ornate dalla capacità dei migliori artigiani lapicidi mamelucchi - venne a Qalāwūn allorché fu ferito nel corso degli scontri con i Crociati e costretto al ricovero nel non meno straordinario ospedale fatto erigere a suo tempo dal sovrano zengide Norandino e per questo chiamato Bīmaristān al-Nūrī (Ospedale di Nur [al-Din]), o semplicemente Nūrī. Per la costruzione del suo ospedale - eretto sul sito dell'antico Palazzo fatimide, Qalāwūn spese la consistente somma di 1 milione di dirham.

Baybars al-Mansûrî
Nel 1286 nominò governatore di Kerak lo storico e comandante militare mamelucco Baybars al-Mansûrî.

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Ahmad al-Badawi

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Aḥmad ibn ʿAlī b. Yaḥyā al-Badawī (arabo: أحمد بن علي بن يحيى البدوي‎; Fes, 1199 – Tanta, 1276) è stato un mistico arabo di origine marocchina.

Lo Shaykh Abū l-Fiṭyān Aḥmad al-Badawī (o, per rispetto, al-Sayyid al-Badawī), stato un musulmano, fondatore della tariqa sufi detta Ahmadiyya Badawiyya.
Di famiglia che poteva tracciare la sua ascendenza fino ad Ali ibn Abi Talib, quarto califfo "ortodosso" e primo Imam per gli Sciiti, il sunnita sciafeita Aḥmad al-Badawī nacque a Fes (Marocco) nel 596 dell'Egira, corrispondente al 1199 d.C. e morì a Tanta (Egitto) nel 675 AH, corrispondente al 1276.
Quando aveva sette anni, la sua famiglia si spostò a Mecca, dove giunse al termine di un viaggio durato quattro anni e dove più tardi suo padre ʿAlī morì.
Nel 1236, poco dopo i suoi 35 anni, decise di ritirarsi dalla mondanità, dedicandosi a pratiche devozionali ascetiche, dopo aver studiato a fondo il Corano con tutte le sue possibili e ortodosse "letture" (qirāʾāt), e di recarsi in Iraq (dove egli in effetti si trasferì col fratello al-Ḥasan) ubbidendo ad alcune indicazioni rabbanī (di provenienza divina) che gli avevano ingiunto di compiere un simile passo.
Dall'Iraq il fratello tornò poi a Mecca, mentre Aḥmad si spostò a Ṭanṭa, dove la sua fama di sant'uomo cominciò ad attirare persone a lui devote, tra cui si può ricordare anche il Sultano mamelucco bahri Baybars, che si dice gli abbia baciato i piedi in segno di somma considerazione per i suoi altissimi meriti spirituali.
I suoi seguaci affermano che egli avesse compiuto un gran numero di miracoli (karāmāt) mentre senz'altro certificabili sono alcune preghiere da lui composte e di un ḥizb particolarmente apprezzato.
La sua confraternita è particolarmente popolare in Egitto, malgrado in periodo ottomano dovesse sopportare la non esplicita ostilità degli ordini religiosi più legati alla tradizione turca. Qui egli viene annualmente ricordato in aprile nel cosiddetto mawlid al-rajabī e in ottobre nel suo vero e proprio mawlid (il più popolare in assoluto dell'Egitto, paese che celebra non meno di 60 mawlid), che nel corso di una settimana vede la partecipazione di circa 2 milioni di aderenti e simpatizzanti della tarīqa, che si caratterizzano per il turbante di color rosso orgogliosamente indossato.

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al-Nawawi

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Nawawi, arabo: أبو زكريا يحيى بن شرف النووي, Abu Zakariya Muhyi al-Din Yahya ibn Sharaf al-Nawawi (1234 – 1278), comunemente conosciuto come al-Nawawi o Imam Nawawi, era un musulmano sunnita autore di fiqh ed esperto di hadith.

Vita
Nacque nel 1234 nel villaggio di Nawa, a sud di Damasco. La sua nisba si riferisce appunto a questo villaggio, lo stesso dove, anticamente, sarebbe vissuto Giobbe e dove sarebbe stato sepolto Sem, figlio di Noè, e che nel passato fu anche il centro abitato più importante del Golan, il territorio siriano del Hawran.
La propensione di al-Nawawi per gli studi e la mancanza a Nawa di accademie o istituti religiosi spinsero il padre a portarlo a Damasco, uno dei più importanti centri culturali dell’epoca, dove egli rimase per un trentennio. Qui al-Nawawi poté studiare con più di venti celebri insegnanti, tutti considerati come massime autorità nel loro campo.
Verso il 1257 iniziò a scrivere e nel 1267 fu chiamato nella Dar al-hadith sciafita di Damasco per prendere il posto di Abu Shama, morto da poco. Visse molto frugalmente e rifiutò persino un salario. Dedicò tutto il tempo a sua disposizione allo studio e alla ricerca, dormendo poche ore per notte. Raggiunse così un alto livello culturale e una eccellente reputazione in materia di diritto, giurisprudenza, trasmissione di hadith, letteratura e teologia. Tale reputazione gli permise di affrontare il Sultano mamelucco Baybars per chiedergli di abolire le tasse di guerra imposte alla popolazione della Siria e di proteggere gli insegnanti delle madrase da una riduzione dei loro stipendi. Il tentativo fu, però, vano e Baybars espulse al-Nawawi da Damasco nel momento in cui egli solo si rifiutò di firmare una fatwa che affermava la legalità di tali tasse. Quest’azione di al-Nawawi è commemorata nel popolare romanzo Sirat al-Zahir Baybars (Vita di al-Zahir Baybars), nel quale il sultano, maledetto da Nawawi, diviene cieco per un breve periodo. Al-Nawawi morì celibe nella casa di suo padre a Nawa il venerdì 22 dicembre 1277. I musulmani sciiti guardano a lui con simpatia. Essi considerano alcuni dei suoi lavori favorevoli e li hanno tradotti in persiano.

Opere
Al-Nawawi lasciò 26 opere complete, 10 incomplete e molti manoscritti inediti. Egli aveva un’eccezionale conoscenza delle tradizioni e adottò standard molto rigidi; per esempio, ammetteva solo cinque lavori sulla tradizione come canonici. Scrisse il maggiore commentario sul Sahih di Muslim, al-Minhaj bi-Sharh Sahih Muslim, e, come introduzione ad esso, una storia della trasmissione di quest’opera e un profilo della scienza della Tradizione. Egli fornisce non solo osservazioni sugli isnad (catene di trasmettitori) e una spiegazione grammaticale delle Tradizioni, ma li commenta anche, soprattutto sotto l’aspetto teologico e legale, citando quando necessario non solo i fondatori delle principali scuole ma anche giuristi più anziani come al-Awza’i, ‘Ata’, e altri ancora. Il Taqrib al-Taysir è un’introduzione allo studio dei hadith, un’estensione dell’opera di Ibn Silah, e fu pubblicato al Cairo nel 1890, insieme al commentario di Suyuti Tadrib al-Rawi. È stato in parte tradotto in francese da W. Marçais nel Journal Asiatique.
Scrisse inoltre una raccolta di hadith riguardanti etica, comportamento e condotta, il Riyad al-Salihin, ancora oggi abbastanza popolare nel mondo musulmano. Ma la sua fama è essenzialmente dovuta agli Arba‘in, raccolta di "40 (hadith)", che ne comprende in realtà 42, in quanto l’autore stesso ne aggiunse due in seguito, mantenendo però invariato il titolo. Quest’opera è considerata come la più popolare antologia e la migliore introduzione allo studio di hadith che, insieme al Corano, costituiscono gli insegnamenti fondamentali della Shari'a islamica. L’importanza di al-Nawawi come giurista è forse ancora maggiore. Negli ambienti sciafiiti era considerato, con il suo Minhaj al-talibin, come la più alta autorità del madhhab sciafeita, insieme ai due commentari (Tafsir) della Tuhfa di Ibn Hajar e la Nihaya di al-Rumli.

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Badr al-Din Salāmish(Il Cairo, 1272 – Costantinopoli, 1291) (arabo: بدر الدين سُلامش‎), cioè al-Malik al-Ādil Badr al-Dīn Salāmish (arabo: الملك العادل بدر الدين سُلامش‎) fu Sultano mamelucco d'Egitto nel 1279.
Figlio del grande Sultano Baybars al-Bunduqdari, turco d'origine Kipchak.

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